
Secondo l’ultimo aggiornamento citato da StoreBrands, il traffico di importazioni nei principali porti statunitensi rallenterà per il resto del 2025, dopo un picco anticipato di merci per aggirare i nuovi dazi. La National Retail Federation (NRF) – come riportato nel Global Port Tracker – stima infatti che, dopo un primo semestre in crescita, i volumi sotto i 2 milioni di TEU dovrebbero diventare la norma fino a fine anno, portando il totale 2025 sotto o attorno ai 24–24,7 milioni di TEU (in calo rispetto al 2024). La dinamica è attribuita a front-loading e all’incertezza sui dazi.
Questa “ritirata” degli acquisti USA non è solo un fatto logistico domestico: impatta direttamente il principale partner extra-UE dell’Europa. Nel 2024 gli Stati Uniti sono stati la prima destinazione dell’export di beni dell’UE (20,6%) e il secondo fornitore per import (13,7%). In valore, gli scambi UE-USA hanno toccato 867 miliardi di euro. La rotazione della domanda americana, dunque, si trasmette rapidamente al manifatturiero europeo.
Che cosa cambia con la nuova stagione dei dazi USA
Nel 2025 Washington ha rafforzato un impianto tariffario “reciproco”, che – pur con intese mirate – mantiene un’impostazione restrittiva verso molti partner. Le valutazioni indipendenti convergono su alcuni effetti macro:
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Pil e inflazione USA: i dazi riducono la crescita USA (-0,23 p.p. nel 2025; -0,62 p.p. nel 2026) e spingono temporaneamente l’inflazione sopra il baseline; l’effetto prezzo resta più alto nel livello anche quando l’inflazione rientra. Per le famiglie statunitensi si stima un costo medio annuo superiore a 1.300 $ nel 2025. Questi freni alla domanda incidono sulla propensione all’import dall’UE.
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Prova sul campo: in settembre 2025 le importazioni containerizzate USA risultano in calo a/a; la stessa NRF prevede debolezza sotto la soglia dei 2 milioni di TEU nei mesi successivi.
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Quadro transatlantico: tra fine luglio e fine agosto sono stati annunciati passi politici per limitare l’escalation con l’UE (un framework transatlantico e chiarimenti su voci MFN). La cornice non elimina l’attrito: per molte filiere europee l’accesso al mercato USA resta più costoso rispetto al pre-2025.
Le ricadute per l’Europa: canali di trasmissione e grandezze in gioco
1) Export diretto verso gli USA. L’area euro spedisce negli Stati Uniti circa il 10% delle proprie esportazioni totali: una contrazione a due cifre dell’export UE verso gli USA (ordine di grandezza –9% ipotizzato in sede ECB) implica un impatto misurabile su crescita e utili industriali europei, con settori più esposti (auto e componentistica, farmaceutica, macchinari, chimica fine).
2) Prezzi, margini e mix di prodotto. Con dazi diffusi, una parte del rincaro viene assorbita in margine dalle imprese esportatrici, un’altra si riflette nei listini USA (con possibile erosione di quota di mercato). Stime indipendenti collocano l’effetto macro sull’UE nell’intorno di -0,2/-0,8% di PIL a seconda di scenari ed eventuali contromisure; una lettura di Bruegel converge su -0,3 p.p. circa, “significativo ma gestibile”.
3) Deviazioni di commercio (trade diversion). I dazi USA verso altri fornitori (es. Cina) possono deviare flussi verso l’Europa oppure verso concorrenti asiatici “China+1”; gli esiti recenti sugli arrivi USA mostrano che il guadagno di quota di alcuni paesi ASEAN può sottrarre spazio anche a esportatori europei, specie nei beni di consumo durevoli.
4) Effetti “secondari” su prezzi europei e inflazione. La BCE ha evidenziato come l’incertezza commerciale aumenti la variabilità dell’inflazione: domanda estera più debole può smorzare i prezzi, ma la riprogrammazione delle catene del valore e l’eventuale rerouting di surplus produttivo verso l’UE possono esercitare pressioni settoriali (ad es. dumping di eccessi produttivi).
5) Eterogeneità nazionale e settoriale. Simulazioni (OeNB) indicano impatti più intensi su Irlanda, Danimarca, Belgio, Germania, con farmaceutica e macchinari fra i comparti più esposti. Evidenza congiunturale: ad agosto 2025 l’export tedesco verso gli USA risulta in calo marcato a/a, coerente con l’inasprimento tariffario.








